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Interazioni tra sonno e nutrizione: implicazioni per gli atleti

Il sonno, negli esseri umani, è definito come un comportamento reversibile complesso in cui un individuo è percettivamente disimpegnato e non risponde agli stimoli ambientali. L'architettura del sonno ha due stati di base basati su parametri fisiologici: il sonno con movimenti oculari non rapidi (Non-REM) e il sonno con movimenti oculari rapidi (REM). Le fasi del sonno cadono lungo un continuum dalla piena veglia al sonno profondo. In termini di attività cerebrale, il pattern dell'elettroencefalogramma (EEG) del sonno Non-REM è comunemente descritto come sincrono (l'aumento della profondità del sonno è indicato da una progressiva dominanza di pattern EEG ad alta tensione e bassa frequenza), con forme d'onda caratteristiche (fusi del sonno, complessi K e onde ad alta tensione). Il sonno Non-REM è solitamente associato ad un'attività mentale minima o frammentata.
Al contrario, il sonno REM è definito dall'attivazione dell'EEG, dall'atonia muscolare (paralisi) e da esplosioni episodiche di movimenti oculari rapidi. Il sonno REM è associato all'attività cognitiva, mentre i meccanismi del tronco cerebrale inibiscono i motoneuroni spinali limitando i movimenti. Quindi, il sonno REM è stato definito come "un cervello attivato in un corpo paralizzato". Va notato che l'American Academy of Sleep Medicine (AASM) ha raccomandato una terminologia alternativa per la stadiazione del sonno. La veglia è indicata come W, il sonno Non-REM è indicato come N, mentre il sonno REM è indicato come R.
La salute del sonno è un modello multidimensionale di veglia-sonno adattato alle esigenze individuali, sociali e ambientali, che promuove il benessere fisico e mentale. Una buona salute del sonno è caratterizzata da soddisfazione, tempismo appropriato, durata adeguata, alta efficienza e prontezza costante durante le ore di veglia. La privazione del sonno influisce negativamente sul metabolismo del glucosio e sulla funzione neuroendocrina che può influenzare il metabolismo dei carboidrati, l'appetito, l'assunzione di energia e la sintesi proteica. Questi fattori possono avere un impatto negativo sullo stato nutrizionale, metabolico ed endocrino di un atleta, influenzando le prestazioni atletiche ed il recupero (ad esesmpio, il metabolismo del glucosio alterato potrebbe ridurre la reintegrazione del glicogeno mentre la sintesi proteica ridotta potrebbe ridurre il recupero e l'adattamento all'allenamento). Per tali motivazioni, analizzeremo l'interazione tra alimentazione e sonno.

Come e perché si dorme?

Il cervello è essenzialmente un sistema elettrico con circuiti che si accendono e si spengono per favorire la veglia o il sonno. Poiché i sistemi di eccitazione e di promozione del sonno sono reciprocamente inibitori, è stato proposto un modello di commutazione del sonno, anche detto "flip-flop". Un interruttore flip-flop contiene elementi reciprocamente inibitori in cui l'attività in uno dei lati in competizione interrompe gli input inibitori dall'altro lato producendo due stati discreti con transizioni brusche. L'attivazione dei sistemi di eccitazione inibisce i neuroni attivi del sonno facilitando il sonno, mentre l'attivazione dei neuroni che promuovono il sonno inibisce i neuroni correlati all'eccitazione rafforzando gli episodi di sonno consolidati, fornendo così un meccanismo per la stabilizzazione del sonno e degli stati di veglia.
Gli esseri umani, in genere, mostrano differenze individuali nel loro comportamento (ad esempio nelle attività sociali, nelle attività diurne e nel sonno). Il cronotipo è l'espressione della ritmicità circadiana individuale ed è stato classificato come segue: tipi mattutini, tipi intermedi e tipi serali. Il cronotipo è, in parte, genetico, ma anche fattori culturali e ambientali influenzano il modello di sonno di un individuo. La ricerca sulla popolazione generale ha dimostrato che la maggior parte delle persone è di tipo intermedio (70%) mentre il resto è di tipo mattutino (14%) o di tipo serale (16%).
Il sonno è un processo dinamico in gran parte regolato da due fattori: i sistemi circadiani e l'omeostato del sonno. Il modello a due processi per la regolazione del sonno è stato sviluppato per illustrare l'interazione tra l'impulso omeostatico del sonno (pressione del sonno o voglia di dormire che si accumula durante la veglia) e il sistema circadiano (sistema di cronometraggio endogeno) nei tempi e nella durata del sonno. Il processo omeostatico (S) è una funzione del sonno e della veglia, mentre il processo circadiano (C) è controllato da un oscillatore circadiano. S aumenta durante la veglia e diminuisce durante il sonno e interagisce con C, che è indipendente dal sonno e dalla veglia e riceve segnali dall'ambiente (ad esempio la luce). Il nucleo soprachiasmatico (SCN) nel cervello è centrale in questo processo, ma sono stati identificati sistemi di orologio secondari in tutto il corpo.
Il processo S è un meccanismo endogeno, che si basa su segnali esogeni che lo regolano in circa 24 h. Il processo S rappresenta il debito del sonno che aumenta durante la veglia e si riduce durante il sonno all'interno di un intervallo che oscilla in un periodo che è normalmente trascinato al giorno e alla notte dal processo C. Quando S raggiunge il limite inferiore dell'intervallo, viene attivato il risveglio e quando S raggiunge il limite superiore viene attivato il sonno. In termini di processo C, il modello a due processi si concentra sugli effetti dell'ora del giorno sulla propensione al sonno, in particolare sul fatto che la propensione al sonno è minima verso mezzogiorno ed è fortemente promossa nelle prime ore del mattino. Questa ritmicità circadiana nella propensione al sonno è combinata con S dettando da C i valori di soglia a cui S passa dal sonno alla veglia, e viceversa. La temperatura corporea interna e i ritmi della melatonina sono marcatori di C. L'SCN ha cellule recettoriali della melatonina: al calare dell'oscurità, la melatonina viene secreta dalla ghiandola pineale rendendo l'individuo assonnato. È stato anche proposto un modello a tre processi di regolazione del sonno in base al quale sonnolenza e vigilanza sono stimolate dall'azione combinata di un processo omeostatico, un processo circadiano e un processo di inerzia del sonno: il modello è stato esteso per includere la latenza di inizio del sonno (cioè la durata del passaggio dalla veglia al sonno), la durata del sonno e la performance.
Il sonno ha un effetto riparatore sul sistema immunitario e sul sistema endocrino, facilita il recupero del sistema nervoso e metabolico dai costi dello stato di veglia e ha un ruolo fondamentale nell'apprendimento, nella memoria e nella plasticità sinaptica (cioè capacità delle sinapsi di rafforzarsi o indebolirsi nel tempo). Il sonno, in particolare il sonno a onde lente (o N3) nelle prime ore della notte favorisce il rilascio di prolattina, mentre le azioni antinfiammatorie del cortisolo e delle catecolamine sono ridotte. La privazione acuta del sonno e i disturbi del sonno (come breve durata del sonno o ridotta efficienza del sonno) compromettono l'immunità adattativa che è associata a una ridotta risposta alle vaccinazioni e a una maggiore vulnerabilità alle malattie infettive, attribuita al ridotto rilascio dell'ormone della crescita durante il sonno profondo e all'aumento dell'attività del sistema nervoso autonomo simpatico. Il fattore di necrosi tumorale-α (TNFα) insieme ad altre citochine sono considerati la chiave per la regolazione del sonno in normali condizioni fisiologiche. La ricerca ha dimostrato che l'insonnia e la durata estrema del sonno influenzano i fattori di rischio di malattie infiammatorie e contribuiscono alla mortalità per tutte le cause. Livelli aumentati di marcatori infiammatori circolanti (cioè, proteina C-reattiva -PCR- e Interleuchina-6 -IL-6-) predicono l'aumento di massa corporea negli anziani e nel diabete di tipo 2. Si ritiene che i disturbi del sonno abbiano effetti sulla secrezione dell'IL-6, che induce la PCR, pertanto, gli aumenti della PCR possono essere attribuiti a disturbi del sonno persistenti o gravi. In una recente meta-analisi, i disturbi del sonno (vale a dire, scarsa qualità del sonno, insonnia) sono stati associati a livelli aumentati di IL-6 e PCR. Una breve durata del sonno (< 7 ore per notte) era associata ad un aumento di IL-6, mentre una lunga durata del sonno (> 8 ore per notte) era anche associata ad un aumento di IL-6, ma anche della PCR. Allo stesso modo, una meta-analisi sulla durata del sonno che analizzava anche la mortalità per tutte le cause ha dimostrato un'associazione a forma di U, per cui il sonno lungo (> 8 ore per notte) ha un rischio maggiore del 30%, mentre il sonno breve (<7 ore per notte) ha un rischio maggiore del 12% rispetto al normale riferimento del sonno (7-8 ore per notte).
Un tempismo inappropriato dei comportamenti nello stile di vita può causare l'interruzione del ritmo circadiano, con conseguente alterazione della risposta fisiologica (ad esempio sonno scarso). I fattori dello stile di vita (come il consumo di caffeina, il consumo di alcolici e il tempo impiegato a dormire) possono causare alterazioni nei segnali ambientali che possono avere un impatto negativo sui ritmi circadiani e, a loro volta, avere conseguenze fisiologiche negative. L'SCN riceve segnali ambientali come il ciclo luce-buio e informazioni aggiuntive da altre aree del cervello (ad esempio, quando mangiamo o ci esercitiamo). Dato che il Processo C può essere modificato da segnali esogeni, c'è spazio per studiare gli interventi nutrizionali per migliorare la qualità e la quantità del sonno. Allo stesso modo, dovrebbe essere studiato l'effetto degli interventi nutrizionali che promuovono il recupero dell'atleta sulla qualità e quantità del sonno.

Sonno e atleti

La visione classica del sonno è che si tratta di un processo di recupero, con il sistema circadiano che regola le sensazioni di sonnolenza e veglia durante il giorno. La cognizione, la riparazione dei tessuti e il metabolismo sono fattori psicologici e fisiologici critici che contribuiscono alla capacità di allenamento, al recupero e, in definitiva, alle prestazioni. La relazione tra sonno, prestazioni e recupero può essere vista in termini di 3 fattori chiave che influenzano l'esito del recupero:

  1. Durata del sonno (durata totale del sonno; ore/notte, più sonnellini)
  2. Qualità del sonno (cioè l'esperienza e l'adeguatezza percepita del sonno)
  3. Fase del sonno (tempo circadiano del sonno).

Il recupero post-esercizio è vitale per tutti gli atleti. Se l'equilibrio tra lo stress dell'allenamento e il recupero fisico è inadeguato, le prestazioni nelle sessioni di allenamento successive o nella competizione possono essere influenzate negativamente. L'affaticamento o il dolore muscolare possono influire negativamente sul sonno, con citochine infiammatorie collegate all'interruzione del sonno normale. Un recupero inadeguato può ridurre le risorse del sistema nervoso autonomo (SNA), con una riduzione associata della variabilità della frequenza cardiaca ("Heart Rate Variability", HRV) e un aumento della frequenza cardiaca a riposo. La privazione del sonno è associata a un aumento degli ormoni catabolici e ad una riduzione degli ormoni anabolici che si traduce in una ridotta sintesi proteica muscolare, attenuando gli adattamenti dell'allenamento e il recupero.
Disturbi del sonno e durata del sonno inadeguata sono stati segnalati nelle popolazioni atletiche. La valutazione dei modelli di sonno dei giocatori professionisti di hockey su ghiaccio maschi mediante polisonnografia (PSG), ha dimostrato che la durata media del sonno totale era di 6,92 ore. Allo stesso modo, il sonno è stato auto-riferito come la modalità di recupero più importante utilizzata dagli atleti sudafricani. Mentre uno studio simile ha rilevato che il 66% degli atleti tedeschi d'élite hanno riportato la sintomatologia dell'insonnia pre-gara, inclusa la difficoltà ad addormentarsi, il risveglio durante la notte e i primi tempi di veglia finale. La durata del sonno (< 8 h) è stata identificata come il più forte fattore predittivo di infortunio negli atleti adolescenti. Lo studio Karolinska Athlete Screening Injury Prevention (KASIP) ha studiato il verificarsi di lesioni negli atleti d'élite adolescenti svedesi e ha dimostrato che gli atleti che dormivano per più di 8 ore avevano meno probabilità di subire un infortunio. L'eziologia dei disturbi del sonno non è chiara durante i periodi di allenamento intenso, non è chiaro se il sonno scarso sia un sintomo di sovrallenamento o se un allenamento intenso influisca negativamente sul sonno e sul recupero. Il sonno ha anche un ruolo fondamentale da svolgere nelle prestazioni, negli adattamenti dell'allenamento e nel recupero. Data l'importanza del sonno per il recupero degli atleti, sono necessarie ulteriori ricerche per studiare potenziali interventi nutrizionali per promuovere una migliore qualità del sonno e/o durata e recupero negli atleti.

Sonno, alimentazione e atleti

Il supporto nutrizionale deve essere periodico in relazione alle richieste dell'allenamento quotidiano dell'atleta e agli obiettivi nutrizionali generali. L'obiettivo della nutrizione "di allenamento" è promuovere gli adattamenti mentre l'obiettivo della nutrizione "competitiva" è la prestazione ottimale. Gli atleti hanno anche la responsabilità aggiuntiva di aderire al codice dell'Agenzia mondiale antidoping (WADA) e sono soggetti a test per le sostanze proibite. Se un atleta sceglie di assumere qualsiasi integratore, deve farlo in modo sicuro ed efficace. Gli atleti dovrebbero controllare che qualsiasi integratore che assumono sia stato testato per le sostanze vietate e programmi di test indipendenti (ad esempio, Sport informato e Scelta informata) offrono una protezione aggiuntiva. Si consiglia agli atleti di chiedere il parere professionale di un dietista/nutrizionista sportivo qualificato in merito a qualsiasi integratore alimentare. Gli adattamenti e il recupero dell'allenamento possono essere massimizzati da pratiche nutrizionali ottimali o alterati da pratiche nutrizionali non ottimali. Sostanze nutritive quali carboidrati (pasto serale ad alto indice glicemico con ridotta latenza dell'inizio del sonno), proteine ​​(il consumo di fonti di latte può aumentare la durata del sonno), etanolo (ridotto sonno REM) e caffeina (aumento della latenza dell'inizio del sonno, riduzione della durata totale del sonno e ridotta qualità del sonno), così come i tempi e la quantità dei pasti (porzioni abbondanti e/o pasti più tardi la sera possono influire negativamente sul sonno potenzialmente a causa dell'effetto termogenico della digestione) possono influenzare i ritmi circadiani. Il consumo di caffeina può portare a un sonno scarso che, a sua volta, può portare a un aumento del consumo di caffeina. La caffeina aumenta lo stato di vigilanza, antagonizzando i recettori dell'adenosina, che porta anche ad una riduzione dell'inclinazione al sonno. Il consumo di alcol è stato associato a una qualità e quantità del sonno più scadenti, un sonno REM ridotto e un aumento dei disturbi del sonno nella seconda metà del periodo di sonno. Analogamente all'alimentazione, i disturbi del sonno (difficoltà ad iniziare o a mantenere il sonno) e la privazione del sonno (non dormire a sufficienza) sono fattori di rischio per l'infiammazione, che possono essere trattati o gestiti per favorire il recupero e/o le prestazioni. Affinché il sonno abbia un effetto ristoratore sul corpo, deve essere di durata adeguata, il che dipende anche dall'età: nel corso della vita, la quantità del sonno varia da adolescenti (8-10 ore), adulti (7-9 ore) e anziani (7-8 ore).

Crononutrizione

Recentemente il termine crononutrizione è stato utilizzato per descrivere l'interazione tra il cibo e il sistema circadiano. È stato suggerito che l'orologio interno può essere alterato modificando i tempi e la natura dell'assunzione di cibo. La crononutrizione è stata caratterizzata come comprendente due aspetti:

  1. Tempistica dell'assunzione di cibo o contributi dei componenti alimentari al mantenimento della salute;
  2. Tempistica dell'assunzione di cibo o contributi dei componenti alimentari ai rapidi cambiamenti o al ripristino del sistema umano degli orologi interni.

Diversi neurotrasmettitori sono coinvolti nel ciclo sonno-veglia tra cui 5-idrossitriptofano (5-HT), GABA, orexina, ormone di concentrazione della melanina, colinergico, galanina, noradrenalina e istamina. Pertanto, gli interventi nutrizionali che agiscono su questi neurotrasmettitori potrebbero avere un impatto positivo sul sonno. I precursori alimentari possono influenzare la velocità di sintesi e la funzione dei neurotrasmettitori (come ad esempio, la sintesi della serotonina dipende dalla disponibilità del suo precursore, triptofano, nel cervello). Il triptofano viene trasportato attraverso la barriera ematoencefalica da un sistema che condivide i trasportatori con diversi grandi aminoacidi neutri ("large neutral amino acids", LNAA). Il rapporto triptofano/LNAA nel sangue è vitale per il trasporto del triptofano nel cervello e può essere aumentato attraverso il consumo di triptofano, una dieta ricca di carboidrati e povera di proteine ​​o α-lattoalbumina (proteine ​​derivate dal siero di latte).

Carboidrati

È stato dimostrato che il consumo di carboidrati aumenta le concentrazioni plasmatiche di triptofano. I carboidrati influenzano il rapporto tra triptofano plasmatico e LNAA e possono completare l'effetto di miglioramento del sonno del consumo di proteine ​​ricche di triptofano. L'insulina influenza il trasporto del triptofano attraverso la barriera ematoencefalica dopo un pasto ricco di carboidrati, poiché è un agente anabolico e facilita anche l'assorbimento di LNAA da parte dei muscoli. Il consumo di carboidrati ad alto indice glicemico ("glycaemic index", GI) aumenta il rapporto triptofano circolante/LNAA attraverso l'azione diretta dell'insulina che promuove l'assorbimento muscolare di LNAA. Ciò aumenta la disponibilità del triptofano per la sintesi della serotonina e, infine, della melatonina. È stato dimostrato che il GI influisce sulla latenza dell'inizio del sonno (durata del passaggio dalla veglia al sonno). Un pasto ad alto indice glicemico consumato quattro ore prima di coricarsi, ha ridotto significativamente la latenza dell'inizio del sonno rispetto a un pasto a basso indice glicemico e lo stesso pasto consumato 1 ora prima di coricarsi. In un ampio campione dell'indagine del National Health and Nutrition Examination, una minore assunzione di carboidrati è stata significativamente associata con sintomi di insonnia (difficoltà a mantenere il sonno). Il consumo di un pasto ad alto contenuto di carboidrati (130 g) rispetto a un pasto a basso contenuto di carboidrati (47 g), o un pasto senza carboidrati, 45 minuti prima di coricarsi ha aumentato il REM e ha ridotto il sonno leggero e la veglia. La tempistica dei pasti serali di carboidrati e il contenuto di carboidrati del pasto serale sul sonno e sul recupero dell'atleta richiedono ulteriori indagini all'interno delle popolazioni atletiche.

Melatonina

La melatonina è un ormone secreto dalla ghiandola pineale, che ha mostrato effetti sedativi. Poiché la melatonina endogena influenza la temperatura interna facilitando il sonno, un aumento della melatonina esogena potrebbe influenzare i cambiamenti della temperatura interna migliorando la qualità del sonno. Tuttavia, l'effetto è relativo ai livelli di melatonina endogena della persona. In molti Paesi Occidentali, il latte vaccino è stato tradizionalmente considerato una bevanda che favorisce il sonno. La melatonina è un composto presente in natura nel latte vaccino, ma la sua concentrazione aumenta in modo significativo se le mucche vengono munte al buio di notte ("latte notturno"). L'aumento delle concentrazioni di triptofano e melatonina sembra essere la proprietà responsabile dell'effetto di promozione del sonno del latte notturno. Il consumo di latte notturno (concentrazione di melatonina di 39,43 pg/mL) rispetto al latte diurno (4,03 pg/mL) ha aumentato significativamente la concentrazione di melatonina circolante (26,5%) nei ratti, indicando che sono necessarie alte concentrazioni di melatonina affinché il latte influenzi concentrazioni di melatonina nel sangue. Quando il latte notturno è stato integrato con triptofano (2,5 g/l) le concentrazioni di melatonina circolante sono aumentate ulteriormente (35,5%).
La melatonina ha una tossicità estremamente bassa anche a dosi relativamente elevate e può attraversare facilmente le barriere fisiologiche grazie alle sue dimensioni, alla parziale solubilità in acqua e all'elevata liposolubilità, tuttavia va notato che non sembra esserci alcun beneficio aggiunto a dosi >3 mg. L'ingestione di melatonina influisce sulla propensione al sonno e ha effetti ipnotici che migliorano la qualità e la durata del sonno. La melatonina farmacologica può essere utilizzata per manipolare i tempi circadiani. Un effetto positivo di basse dosi (0,3 mg o 1 mg) di melatonina esogena (capsule di gelatina) sulla latenza dell'inizio del sonno è stato osservato in un piccolo gruppo di maschi sani, se somministrato alle 18:00 e alle 20:00. Tuttavia, l'impatto dipendeva dal tempo poiché una dose di 0,3 mg aumentava la latenza dell'inizio del sonno se consumata alle 21:00 e non vi erano prove di un effetto quando la dose da 1 mg è stata somministrata alla stessa ora. I risultati indicano che una bassa dose di melatonina simile alle concentrazioni fisiologiche notturne può provocare un effetto di induzione del sonno.

Proteine ​​​​ricche di triptofano

Il triptofano è un aminoacido essenziale che è un precursore della serotonina e della melatonina, che possono attraversare la barriera ematoencefalica competendo per il trasporto con altri LNAA. La conversione in serotonina dipende da una sufficiente disponibilità di precursori nel cervello. Un aumento del triptofano cerebrale si verifica quando aumenta il rapporto tra triptofano libero e aminoacidi a catena ramificata, dopo la conversione del triptofano in serotonina, viene prodotta melatonina. Le fonti alimentari di triptofano includono latte, tacchino, pollo, pesce, uova, semi di zucca, fagioli, arachidi, formaggio e verdure a foglia verde. È stato dimostrato che il triptofano dietetico migliora il sonno, in un confronto tra le barrette alimentari (Cibo 1: 25 g di farina di semi di zucca disoleati e 25 g di destrosio, Cibo 2: 250 mg di triptofano farmaceutico e Cibo 3: 50 g di fiocchi d'avena -gruppo di controllo-). Cibo 1 e Cibo 2 hanno prodotto risultati significativi per la riduzione del tempo di veglia durante la notte, aumento dell'efficienza del sonno e aumento della qualità soggettiva del sonno, indicando che dosi relativamente piccole (250 mg) di triptofano nella dieta possono avere un impatto positivo sul sonno. La proteina del latte α-lattoalbumina ha i livelli naturali di triptofano più alti tra tutte le fonti alimentari proteiche. L'ingestione di proteine ​​del siero di latte arricchite con α-lattoalbumina ha aumentato significativamente il rapporto triptofano/LNAA del 48% rispetto a una dieta arricchita con caseina. In uno studio simile, adulti sani con disturbi del sonno hanno consumato frullati contenenti α-lattoalbumina (20 g) o un placebo di caseina. L'ingestione serale di α-lattoalbumina ha comportato un aumento del 130% del rapporto triptofano/LNAA prima di coricarsi e una modesta ma significativa riduzione della sonnolenza mattutina e un miglioramento della vigilanza la mattina seguente.Studi sulla deplezione del triptofano hanno dimostrato che le concentrazioni plasmatiche di triptofano ridotte hanno influenzato la frammentazione del sonno (indice di eccitazione), la latenza del sonno REM e la densità REM rispetto al basale e al placebo. Il consumo di proteine ​​ricche di triptofano (ad esempio, il consumo di latte) potrebbe influenzare i cambiamenti della temperatura interna migliorando la qualità del sonno. Gli effetti degli interventi di proteine ​​ricche di triptofano (come ad esempio il siero di latte arricchito con α-lattoalbumina e caseina) sul sonno e sul recupero richiedono ulteriori indagini.

Antiossidanti

Sia la popolazione generale che gli atleti possono beneficiare del supporto nutrizionale e di integrazione per aumentare l'immunità e ridurre l'infiammazione acuta e cronica durante i periodi di maggiore carico di allenamento e competizione. Gli antiossidanti sono qualsiasi sostanza che ritarda o previene significativamente il danno ossidativo di una molecola bersaglio. Il fatto che l'esercizio muscolare produca radicali liberi ha motivato molti atleti a consumare integratori antiossidanti nel tentativo di ridurre il danno dei radicali liberi indotto dall'esercizio e/o l'affaticamento muscolare. La capacità antiossidante di diversi micronutrienti alimentari è un'area di interesse emergente per supportare il sistema di difesa antiossidante endogeno degli atleti e attenuare gli effetti negativi del danno ossidativo dovuto ai radicali liberi. Il consumo di antiossidanti può influenzare il recupero dall'esercizio ma può anche influenzare il sonno poiché la regolazione del sonno è influenzata dalle citochine pro-infiammatorie. Gli antiossidanti dietetici (per esempio vitamina C e vitamina E) aumentano il contenuto endogeno di antiossidanti all'interno del muscolo scheletrico. La vitamina E è una vitamina liposolubile costituita da diverse isoforme note come tocoferoli, di cui l'α-tocoferolo è il più attivo e abbondante. La vitamina E è un importante antiossidante per la sua abbondanza all'interno delle cellule, delle membrane mitocondriali e per la sua capacità di agire direttamente sulle specie reattive dell'ossigeno. La vitamina E reagisce con altri antiossidanti come la vitamina C, il beta-carotene e l'acido lipoico, che hanno la capacità di rigenerare la vitamina E dalla sua forma ossidata. Tuttavia, l'integrazione con dosi elevate (800 UI/die) di vitamina E non ha contrastato lo stress ossidativo nei triatleti: il gruppo di intervento ha dimostrato significativamente livelli più elevati di infiammazione post-gara e stress ossidativo rispetto al gruppo di controllo. È interessante notare che, nonostante l'aumento dei marcatori di stress ossidativo e infiammazione nel gruppo di intervento, non c'era alcuna differenza significativa tra i gruppi in termini di prestazioni di gara.
La vitamina A è una vitamina liposolubile presente in molte sostanze lipidiche, il beta-carotene può essere convertito in vitamina A, quando necessario, dall'organismo. La vitamina C è una vitamina idrosolubile ed è estremamente efficace nei fluidi extracellulari, ma è efficace anche nel citosol. Va notato che gli antiossidanti sono eterogenei, funzionano in modo distinto e non regolano esclusivamente i ROS (specie reattive dellì'ossigeno). Il consumo di un antiossidante non garantisce che il composto agisca come antiossidante all'interno del corpo, pertanto i risultati positivi di un antiossidante o di una combinazione di antiossidanti NON possono essere generalizzati. È stato suggerito che un'elevata assunzione di antiossidanti potrebbe potenzialmente ridurre gli adattamenti dell'allenamento. È accettato che ripetuti periodi di esercizio fisico inducano un'interruzione nell'omeostasi del muscolo scheletrico che regola gli adattamenti dell'allenamento. Sebbene sia stato riportato che alte dosi di antiossidanti potrebbero ridurre gli adattamenti all'allenamento della biogenesi mitocondriale muscolare, non tutti gli studi sugli antiossidanti hanno dimostrato effetti negativi ed è stato suggerito che l'antiossidante specifico utilizzato, la dose e i tempi di ingestione influiscano tutti sui risultati. Va notato che la maggior parte degli studi è stata condotta su adulti sani e vi è incoerenza in termini di protocolli di integrazione, durata e anche un'ampia varietà di protocolli di esercizio. Gli antiossidanti riducono la stress ossidativo, svolgono un ruolo chiave nell'immunità e possono migliorare il recupero dopo l'esercizio. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per studiare il recupero che promuove dosi di antiossidanti all'interno delle popolazioni atletiche. Dovrebbero essere studiati anche i potenziali benefici del consumo/integrazione di antiossidanti che promuovono il sonno.

Amarene e ciliegie

Le amarene contengono alte concentrazioni di melatonina e una serie di composti fenolici che hanno proprietà sia antiossidanti che antinfiammatorie. È stato condotto uno studio recente per studiare l'effetto del succo di amarena (2 porzioni da 30 ml di concentrato) sul miglioramento del sonno, sulla durata del sonno e sulla qualità del sonno. Questa è stata la prima indagine a dimostrare che l'integrazione di succo di ciliegia acida ha aumentato i livelli di melatonina circolante e ha migliorato il tempo e la qualità del sonno in soggetti adulti sani. Nel gruppo di intervento, l'integrazione di succo di amarena ha comportato un contenuto totale di melatonina significativamente elevato, un aumento del tempo trascorso a letto (+24 min), una maggiore durata totale del sonno (+34 min), un miglioramento dell'efficienza del sonno totale (82,3%) e una significativa riduzione dei sonnellini diurni (-22%). Va notato che, oltre agli elevati livelli di melatonina, anche le citochine proinfiammatorie influiscono sul sonno. Le amarene contengono anche numerosi composti che hanno proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. Uno studio ha dimostrato che il consumo di succo di amarena ha portato a una riduzione significativa dei punteggi dell'indice di gravità dell'insonnia e del tempo di insorgenza del sonno dopo il risveglio in donne anziane che soffrivano di insonnia rispetto al gruppo di controllo a cui era somministrato un placebo.
In effetti, ci sono prove che l'integrazione di succo di ciliegia dopo l'esercizio fisico può aiutare il recupero dopo aver corso una maratona. Il gruppo di intervento ha dimostrato un recupero più rapido della forza di estensione isometrica del ginocchio di base 48 h dopo la maratona rispetto al gruppo di controllo, indicando che il consumo di succo di amarena può attenuare la risposta al danno muscolare secondario (infiammazione localizzata). I livelli di infiammazione post-gara sono stati significativamente ridotti nel gruppo di intervento rispetto al gruppo di controllo. Allo stesso modo, gli aumenti post-gara della PCR e dell'acido urico sono stati significativamente ridotti nel gruppo di intervento. La capacità antiossidante totale è stata aumentata in entrambi i gruppi dopo la gara ed è rimasta elevata a 24 ore nel gruppo di intervento, ma non nel gruppo di controllo. Durante il recupero, gli atleti possono soffrire di indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata (DOMS), che può ridurre la quantità e la qualità del sonno. Uno studio recente ha dimostrato che l'integrazione di succo di ciliegia acida (30 ml, due volte al giorno per sette giorni) ha ridotto il declino post-esercizio delle prestazioni funzionali a seguito di attività di sprint intermittente (contrazioni isometriche volontarie massime, sprint di 20 m, salto in contromovimento), DOMS e risposta infiammatoria. Per quanto riguarda la riduzione sia dei DOMS che della risposta infiammatoria post-esercizio, i ricercatori hanno suggerito che ciò potrebbe essere vantaggioso durante i periodi di allenamento ad alto volume (ad esempio nelle sessioni di allenamento pre-stagione) o dove gli atleti sono tenuti a produrre più prestazioni in un breve lasso di tempo (ad esempio se si fanno delle doppie sessioni di allenamento), quando i periodi di recupero sono brevi. La gamma di composti fenolici nelle ciliegie che hanno proprietà antinfiammatorie e antiossidanti può migliorare il recupero post-esercizio e il sonno. È stato proposto che la melatonina possa essere sintetizzata nei mitocondri, rendendo disponibile la melatonina e i suoi metaboliti per proteggere il muscolo dallo stress ossidativo.

Kiwi

I kiwi contengono una gamma di nutrienti che possono favorire il sonno, la salute e il recupero, tra cui serotonina, vitamina C, vitamina E, vitamina K, acido folico, antocianidine, carotenoidi, beta-carotene, luteina, potassio, rame e fibre. L'interesse per la capacità antiossidante, il contenuto enzimatico, polifenolico e fitochimico dei kiwi è aumentato costantemente nell'ultimo decennio. È stato suggerito che i vari componenti bioattivi del kiwi possano agire sinergicamente influenzando vari processi fisiologici e metabolici (come l'inibizione delle risposte ossidative e infiammatorie, miglioramento della salute del tratto gastrointestinale e della funzione intestinale). La ricerca contemporanea si è concentrata sui benefici per la salute del kiwi, in particolare in relazione alla capacità antiossidante, alla digestione, alla nutrizione del ferro, alla salute metabolica e alla funzione immunitaria.
È stato riscontrato che il consumo regolare di kiwi aumenta significativamente le concentrazioni plasmatiche di vitamina C, vitamina E e luteina/zeaxantina. Uno studio che ha coinvolto volontari con disturbi del sonno ha dimostrato che il consumo di due kiwi un'ora prima di coricarsi per quattro settimane ha migliorato significativamente la durata totale del sonno e l'efficienza del sonno. Inoltre, la veglia dopo l'inizio del sonno è stata ridotta (tempo di veglia durante il periodo di sonno), la latenza dell'inizio del sonno è stata altrettanto ridotta, migliorando l'efficienza del sonno.
La serotonina è il prodotto finale del metabolismo dell'L-triptofano ed è correlata al REM. Il contenuto di serotonina nel kiwi può contribuire a migliorare il sonno, mentre il ricco contenuto di antiossidanti può sopprimere l'espressione dei radicali liberi e delle citochine infiammatorie. La carenza di folati è stata collegata all'insonnia (difficoltà ad iniziare o a mantenere il sonno, periodi di veglia prolungati e/o sonno insufficiente) e alla sindrome delle gambe senza riposo (movimento ripetuto o sensazioni indesiderate alle gambe che portano a disturbi del sonno), l'alto contenuto di folati nei kiwi può migliorare lo stato dei folati e di conseguenza migliorare il sonno. Sebbene i folati siano ampiamente consumati nella dieta, vengono distrutti dalla cottura o dalla lavorazione, tuttavia, i kiwi vengono generalmente consumati nella loro forma grezza. Sono necessarie ulteriori ricerche all'interno delle popolazioni atletiche per studiare le potenziali proprietà di promozione del sonno dei kiwi e l'effetto del consumo di kiwi sulla qualità del sonno, sulla quantità di sonno e sul recupero.

Vitamine B e magnesio

La cobalamina (vitamina B12) contribuisce alla secrezione di melatonina, la piridossina (vitamina B6) è coinvolta nella sintesi della serotonina dal triptofano e la niacina (vitamina B3) può avere un effetto di "risparmio" del triptofano. La niacina può essere sintetizzata endogenamente dal triptofano attraverso la via della chinurenina, pertanto è necessario consumare una quantità sufficiente di niacina per inibire l'attività della 2,3-diossigenasi provocando un effetto di risparmio del triptofano, aumentando la sua disponibilità per la sintesi di serotonina e melatonina. Il folato (vitamina B9) e la piridossina sono coinvolti nella conversione del triptofano in serotonina. La forma ridotta di folato (5-metiltetratraidrofolato) aumenta la tetraidrobiopterina, un coenzima della triptofano-5-idrossilasi che converte il triptofano in 5-idrossitriptamina (5-HT). Il ruolo della piridossina nella conversione del triptofano in serotonina è correlato all'amminoacido decarbossilasi che accelera il tasso di conversione della 5-HT in serotonina. Sono stati osservati effetti misti, con diverse dosi di vitamina B12 sui ritmi sonno-veglia e sindrome della fase del sonno ritardata (un ritardo significativo nel ritmo circadiano), mentre nessun effetto è stato osservato sulla durata del sonno.
Si ritiene inoltre che il magnesio aumenti la secrezione di melatonina favorendo l'insorgenza del sonno e agisca come un agonista del GABA (acido gamma-amino-butirrico), il principale neurotrasmettitore inibitorio che agisce sul sistema nervoso centrale. Il magnesio è importante per la produzione dell'enzima N-acetiltransferasi che converte la 5-HT in N-acetil-5-idrossitriptamina, che può poi essere convertita in melatonina. Uno studio in doppio cieco controllato con placebo sugli anziani, ha dimostrato un integratore alimentare contenente 5 mg di melatonina, 225 mg di magnesio e 11,25 mg di zinco, ha migliorato significativamente la qualità del sonno e la durata totale del sonno. Gli effetti sono stati attribuiti alla sinergia tra magnesio, zinco e melatonina.

Considerazioni conclusive

Sostanze nutritive come antiossidanti, proteine ​​ricche di triptofano, carboidrati, melatonina, micronutrienti e frutta possono influenzare il sonno. Il sonno può essere promosso inibendo i meccanismi di promozione della veglia o aumentando i fattori di promozione del sonno attraverso interventi nutrizionali. Sulla base di questa revisione della letteratura scientifica esistente, sembra esserci un ampio spazio per ulteriori indagini sugli interventi nutrizionali volti a migliorare la qualità e la quantità del sonno o promuovere la salute generale, nonché la salute del sonno, gli adattamenti dell'allenamento e/o il recupero sia nella popolazione generale che in quella atletica.
FONTE

Di Gaetano

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