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Stampare debito all'infinito? Il sistema globale sotto pressione e le mosse dell'Europa

Il mondo finanziario sta vivendo una fase estremamente delicata. La recente crisi delle aste obbligazionarie negli Stati Uniti e in Giappone ha scosso i mercati globali. Non si tratta più solo di volatilità temporanea, ma di un vero e proprio campanello d'allarme che ci spinge a porci una domanda cruciale: è davvero possibile continuare a stampare debito all'infinito?

Il fallimento delle aste: un segnale inequivocabile

Il fatto che due aste del Tesoro siano fallite simultaneamente, una negli Stati Uniti e una in Giappone, indica che gli investitori stanno iniziando a prezzare il rischio di un sistema economico che ha perso credibilità. I rendimenti dei titoli di stato decennali e trentennali USA hanno superato soglie critiche, rispettivamente il 4,5% e il 5%, evidenziando la necessità di offrire interessi sempre più alti per attirare compratori.
In questo contesto, Bitcoin e oro stanno crescendo rapidamente: non si tratta solo di speculazione, ma di un rifugio contro la sfiducia nel sistema fiat. Allo stesso modo, il rame si sta risvegliando, sostenuto da un'industria globale che lentamente riparte, e da una Cina pronta a stimolare nuovamente la propria economia.

Il ruolo crescente delle banche private

Un altro elemento significativo è il ritorno delle banche commerciali a un'attività di prestito aggressiva. Con i tassi di lungo termine in crescita, prestare denaro è tornato ad essere altamente redditizio per gli istituti finanziari. Questo fenomeno ha generato nuova liquidità nel sistema, ma non proveniente dalle banche centrali, bensì dal credito privato.
In teoria, tassi più alti dovrebbero raffreddare l'economia. Ma nella pratica, la debolezza del dollaro, combinata con la ripresa del credito bancario, ha continuato ad alimentare la domanda. È un paradosso: mentre la Fed resta ferma, le banche fanno il lavoro sporco della politica monetaria.

La dedollarizzazione avanza

Nel frattempo, molte economie, soprattutto nel cosiddetto "Sud Globale" (come Cina e India), stanno progressivamente abbandonando il dollaro come valuta di riferimento. Non solo intervengono sui tassi di cambio per mantenere competitività, ma stanno anche riducendo le riserve in Treasury americani a favore di asset più tangibili, come l'oro, che ha superato la soglia psicologica dei 3000 dollari l'oncia.
La Cina è un caso emblematico. Dopo aver accumulato titoli USA per anni, ora sta disinvestendo per proteggere la propria valuta e diversificare gli asset. Un dollaro più debole potrebbe ora riaccendere l'interesse per i mercati emergenti, stimolare i surplus commerciali e rilanciare nuove rotazioni nei flussi di capitale globali.

La strategia USA: minacce, panico e poi concessioni

L'amministrazione americana, in particolare con il ritorno di una retorica più aggressiva, sta usando una tattica ben nota: rilanciare con minacce forti (come dazi fino al 50% verso l'Europa) per poi offrire una via d'uscita negoziale. Lo scopo non è distruggere i mercati, ma ottenere vantaggi nelle trattative. È una strategia che mira a destabilizzare temporaneamente per poi piegare l'avversario al tavolo.

L'Europa sotto pressione: tre possibili strade

Di fronte a queste minacce, l'Unione Europea appare esitante. Le possibilità a sua disposizione sono:

  1. Non fare nulla, sperando in un ritiro spontaneo delle misure americane. Una scelta debole che trasmetterebbe insicurezza politica.

  2. Rispondere con dazi mirati, colpendo prodotti americani sensibili come soia o motociclette, ma con un impatto limitato.

  3. Scatenare una vera guerra commerciale, applicando dazi speculari del 50% e colpendo duramente i servizi digitali, dove le big tech americane dominano (Google, Amazon, Meta).

L'arma segreta dell'Europa potrebbe però essere lo strumento anti-coercizione, una novità legale che consente di bloccare appalti, licenze, proprietà intellettuali e investimenti stranieri. Una misura drastica, ma estremamente efficace sul piano diplomatico.

Il paradosso economico: debito crescente, mercati in salita

Nonostante la fragilità sistemica, i mercati azionari stanno salendo. Non grazie agli stimoli monetari, ma per una combinazione di credito privato, dollaro debole e strategia di "bastone e carota" americana. Gli investitori istituzionali, finora attendisti, ora si sentono costretti a rincorrere il mercato, riversando ulteriore liquidità.
Il contesto resta altamente instabile, ma chi è in grado di leggere i segnali - l'andamento dei tassi a lungo termine, il comportamento delle banche private, la direzione del dollaro, il posizionamento sulla materia prima strategica come il rame, e le tensioni geopolitiche - può trarne vantaggio.
Il futuro dei mercati dipenderà non solo dalle politiche delle banche centrali, ma dalla reazione dei governi e delle istituzioni globali in un mondo che sta lentamente ma inesorabilmente cercando di uscire dall'egemonia del dollaro.

Di Gaetano

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