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Dalle super spugne di laboratorio al ruolo chiave nella cattura del carbonio: la rinascita dei MOF

Immaginate una polvere che, in un solo grammo, racchiude la superficie interna di un campo da calcio. Queste polveri porose, chiamate metal-organic frameworks o MOF, sono state celebrate per decenni nei laboratori di tutto il mondo grazie alla loro straordinaria capacità di intrappolare molecole. Dopo più di trent'anni di ricerche accademiche e oltre centomila studi pubblicati, i MOF stanno finalmente superando la barriera del mercato: oggi vengono prodotti a tonnellate per filtrare la CO₂ dai fumi industriali e per altre applicazioni emergenti come l'estrazione di acqua dall'aria.

Che cosa sono i MOF

I MOF sono reti cristalline formate dall'unione di ioni metallici e leganti organici a formare una sorta di impalcatura molecolare. All'interno di questa impalcatura si aprono caverne nanometriche in cui possono penetrare gas o piccole molecole. La grandezza dei pori è regolabile scegliendo opportunamente il metallo e la «stecca» organica: un livello di ingegneria su misura irraggiungibile per i materiali naturali porosi come le argille.

  • Superficie specifica record: il MOF DUT‑60 vanta 7.839 m² per grammo.

  • Versatilità: stoccaggio di idrogeno, catalisi, purificazione dell'acqua, rilascio controllato di farmaci, fino alla cattura selettiva di diversi gas serra.

Perché ci hanno messo tanto ad arrivare sul mercato?

Nonostante le proprietà impressionanti, i MOF hanno incontrato due ostacoli principali:

  1. Costi di sintesi elevati a partire da precursori organici complessi e solventi costosi.

  2. Mancanza di un'applicazione trainante in grado di giustificare investimenti su scala industriale.

L'hype dei primi anni Duemila - quando si sognavano serbatoi di idrogeno «riempiti» di MOF - si è scontrato con le difficoltà ingegneristiche di caricare e scaricare rapidamente il gas e con la discesa dei costi delle batterie elettriche. Il settore è rimasto in gestazione fino all'esplosione dell'esigenza di decarbonizzare l'industria pesante.

Il caso di successo: CALF‑20 e la fabbrica «gigante» di Burnaby

Nel luglio 2025 l'azienda canadese Svante Technologies ha inaugurato un impianto da 150 milioni di dollari capace di produrre filtri basati su CALF‑20, un MOF a base di zinco progettato per catturare la CO₂ anche in presenza di vapore acqueo - condizione tipica dei fumi industriali.

  • Processo semplificato: i chimici hanno ideato una sintesi a basso costo partendo da reagenti di uso comune disciolti in acqua e metanolo.

  • Scalabilità: dalla provetta ai multi‑tonnellata grazie a una partnership con BASF, colosso della chimica.

  • Obiettivo: produrre abbastanza materiale da rimuovere 10 milioni di tonnellate di CO₂ all'anno — pari alle emissioni annuali di oltre due milioni di automobili.

Questa svolta industriale dimostra che ridurre i costi dei MOF è possibile quando esiste una domanda forte e la volontà di ripensare le ricette di laboratorio in chiave ingegneristica.

Altri fronti caldi

Applicazione MOF/COF in sviluppo Stato dell'arte

Cattura diretta dall'aria (DAC) COF con forte affinità per la CO₂ a concentrazioni ppm Prototipi in scaling‑up
Raccolta d'acqua dall'aria desertica MOF‑303 e affini Dispositivi dimostrativi in Death Valley, test commerciali in corso
Filtri per gas tossici in microchip MOF brevettato da Numat Vendite di nicchia a semiconduttori e tute haz‑mat
Stoccaggio di idrogeno H₂MOF per droni e e‑bike Progetti pilota su piccoli serbatoi

Il mercato complessivo dei MOF, oggi valutato intorno ai 30 milioni di dollari, potrebbe superare i 900 milioni entro il 2035 con tassi di crescita annua vicini al 30 %.

Sfide ancora aperte

  1. Competizione tecnologica: resine amminiche e zeoliti restano più economiche in alcune applicazioni di cattura CO₂.

  2. Durabilità: i cicli di assorbimento‑rigenerazione possono stressare la struttura porosa; occorre dimostrare una vita utile di migliaia di cicli.

  3. Ottimizzazione su misura: ogni sorgente di gas (acciaieria, cementificio, inceneritore) ha composizioni diverse; servono MOF personalizzati.

  4. Regolamenti e certificazioni: occorrono standard condivisi per garantire sicurezza e prestazioni dei nuovi materiali.

Il ruolo dell'intelligenza artificiale

L'IA sta rivoluzionando anche la chimica dei materiali:

  • Large Language Models addestrati su database strutturali suggeriscono nuove combinazioni di metalli e leganti.

  • Machine learning accelera il passaggio dalla previsione alla sintesi riducendo da anni a settimane la scoperta di nuove strutture.

  • Gemelli digitali di processo permettono di stimare costi e impatto ambientale della produzione prima di realizzare l'impianto fisico.

Dalla ricerca alla fabbrica: una lezione di pazienza

La parabola dei MOF ricorda che, nel mondo dei materiali avanzati, l'innovazione richiede tempi lunghi: dall'articolo pionieristico del 1989 del gruppo di Melbourne alla prima gigafactory sono passati oltre trent'anni. Fondamentale è stato il dialogo fra:

  • Chimici accademici, che hanno creato biblioteche di strutture e sdoganato concetti come «sintesi modulare» e «porosità dinamica».

  • Ingegneri di processo, capaci di tradurre la chimica da beuta a reattori multi‑tonnellata.

  • Investitori e legislatori, che hanno fatto maturare la domanda di soluzioni per la decarbonizzazione.

Conclusioni

Le «super‑spugne» a base di MOF e COF stanno uscendo dai confini del laboratorio per diventare mattoni dell'economia verde: dalla cattura della CO₂ all'estrazione di acqua nei deserti, fino ai filtri per gas ultratossici. Il percorso non è privo di sfide, ma la dimostrazione che possono essere prodotti a costi competitivi apre la porta a un futuro in cui queste architetture cristalline diventeranno tanto comuni quanto le plastica o le leghe metalliche. Il messaggio è chiaro: con la giusta alchimia di scienza, ingegneria e mercato, le idee porose di ieri possono diventare le tecnologie sostenibili di domani.
FONTE

Di Gaetano

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